BENVENUTI A TUTTI!

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Siamo la 2^ F della Scuola Media di Agnosine, in provincia di Brescia, e questo è il nostro blog! Lo abbiamo creato perché vogliamo condividere con altri ragazzi le nostre storie, le nostre riflessioni e le cose belle e brutte che ci capitano...

venerdì 23 agosto 2013

UNA VACANZA DISASTROSA di Alessia D.

Mi chiamo Alessia e il mio racconto parla di due amiche, Sara e Mary, che devono andare in Scozia per una vacanza, ma... succederà qualcosa di strano e... lo scoprirete solo leggendolo! 







Mary e Sara erano amiche per la pelle, fin da bambine, anche se erano davvero una all'opposto dell'altra, sia per aspetto fisico che per personalità e carattere.
Avevano, però, lo stesso sogno: vivere e lavorare insieme.
Quell'anno avevano appena dato gli esami di maturità e visto che lo avevano superato a pieni voti si erano guadagnate un bel regalo da parte dei loro genitori: un viaggio!
Erano piuttosto indecise sulla meta, Mary preferiva i luoghi esotici (anche se non aveva mai preso un aereo e l'idea di doversi spostare in quel modo le metteva un po' di angoscia), invece Sara amava visitare le capitali del mondo dove c'era sempre movimento e molte cose da vedere. Sara era solita viaggiare parecchio, i suoi genitori l'avevano portata con loro fin da piccola e questo le aveva permesso di sentirsi ovunque come a casa propria.
Per Mary era un bel sollievo sapere che Sara era un tipo sveglio e pratico, lei aveva sempre la testa tra le nuvole e si sentiva sempre un po' goffa e impacciata ogni volta che doveva affrontare una situazione nuova.
Dopo parecchie ore di chiacchiere e di idee scartate, le due amiche presero la loro decisione:
Mamma, papà... andremo in Scozia!” 
Sara ci era stata quando era troppo piccola per ricordarsela e Mary, ovviamente, l'aveva vista solo in fotografia quindi era un posto nuovo per entrambe. 
Ottima scelta, ragazze! Vedrete le highlands, i laghi, i fiumi, le isole, la capitale Edimburgo... e se siete fortunate, in un castello o nell'altro incontrerete anche i fantasmi!”
Sara fece un salto dalla gioia, Mary sgranò gli occhi sperando tanto che il padre di Sara stesse scherzando.

I preparativi furono molto veloci, tutto fu pronto in pochi giorni grazie alla capacità organizzativa dei genitori di Sara, e dopo le raccomandazioni del caso e un abbraccio forte i genitori di Mary lasciarono andare loro figlia e l'amica all'avventura.
Non senza un po' di preoccupazione, ovviamente.
Andrà tutto bene, signori Stefanelli”, li rassicurò Sara ed era così positiva e serena che quasi li convinse.
Mary la guardò fiduciosa, ma il pensiero di dover salire su quell'aereo le faceva tremare le gambe.
Dai, sistemati bene, mettiti comoda e rilassati!”, le disse Sara una volta raggiunti i loro posti a bordo. 
Sì, è una parola! E se cadiamo giù?2, rispose Mary bianca come un cadavere. 
Ma figurati! Ho volato centinaia di volte e non è mai successo niente!” 
Se ne sentono tante di catastrofi aeree, però... potrebbe capitare anche a noi...”, disse Mary a denti stretti. 
Bé, in effetti... è successo anche poche settimane fa sulla tratta Londra- Glasgow...”
L'uomo che stava di fianco a loro si era introdotto nel discorso delle due amiche, entrambe pensarono che era piuttosto maleducato da parte di un estraneo impicciarsi in una conversazione privata, specialmente per dire una cosa così orribile. 
Grazie mille, se se lo teneva per sé era meglio!”, sbottò Sara.
Mary le diede una gomitata, non perché avesse torto, ma non le sembrava il caso di iniziare una litigata proprio in quel momento.
L'uomo sorrise in segno di scuse. 
Sì, forse avete ragione, ad ogni modo io mi chiamo Marco”, tese loro la mano, ma nessuna delle due la strinse. Lui sorrise di nuovo e aprì il suo giornale.
A quel punto Mary si dimenticò di tutto, stavano per decollare. 
Non è andata mica male, vero?”, chiese Sara alla sua compagna di viaggio mentre l'aereo si stava bloccando sulla pista d'atterraggio di Londra. 
No, non male... anzi, mi è anche piaciuto, lo ammetto!”
Finalmente Mary sorrideva. 
Bene, mantieni il sorriso amica mia perché tra poco dobbiamo imbarcarci su quello diretto a Edimburgo...”
Mary se l'era dimenticato che c'era un cambio, ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma non poteva certo fermarsi a Londra.
Si alzarono dai loro posti, quel certo Marco le fece passare per prima e loro evitarono di dire grazie e anche arrivederci.
Appena messo piede nella sala d'aspetto il tipo si attaccò al cellulare: 
Logan, I just landed...2
Le ragazze lo superarono e se lo scordarono subito.

Erano decollati da un'ora circa, diretti a Edimburgo dove sarebbe iniziata davvero la loro vacanza, Sara stava facendo parole incrociate, mentre Mary stava sonnecchiando quando ad un tratto l'aereo cominciò a vibrare.
Sara alzò lo sguardo e cercò quello della hostess. Anche lei sembrava aver sentito... anzi, sembrava preoccupata.
Attese qualche secondo, la vibrazione stava aumentando.
Anche Mary a questo punto spalancò gli occhi e li puntò su Sara che per quanto facesse non riusciva a nascondere l'espressione tesa.
Cosa sta succedendo?”, le chiese Mary con un filo di voce. 
Non lo so, ma le hostess sono sparite...” 
Come sparite?” 
Staranno parlando col pilota per poi darci una spiegazione plausibile...”, azzardò una spiegazione Sara, senza troppa convinzione.
A quel punto l'aereo iniziò a perdere colpi, come se fosse sbattuto da una parte all'altra da una mano gigantesca.
Il panico ebbe la meglio, tutti i passeggeri iniziarono a urlare e le hostess cercavano di gridare ancora più forte: 
Mettetevi il paracadute che trovate sotto il sedile!”
Pochi le sentirono, ma Mary e Sara non se lo fecero dire due volte. Indossarono il paracadute e, chissà perché, forse per il panico, entrambe si misero lo zainetto sulle spalle.
Intanto l'aereo aveva iniziato a perdere quota. Le hostess urlarono: 
Portatevi accanto all'uscita in coda!”
Tutti cercarono di farlo, ma non tutti ci stavano riuscendo. Ad un certo punto lo sportellone si aprì e le hostess aiutarono uno ad uno i passeggeri a infilarsi il paracadute e a buttarsi. 
Tirate la corda appena siete fuori!”
Mary e Sara si guardarono atterrite, si accertarono di avere addosso il paracadute e la cordicella in mano, e si lanciarono nel vuoto.
Tirarono la cordicella nonostante l'impatto d'aria fosse stato tremendo e quando capirono che il loro paracadute si era aperto persero i sensi.

Si risvegliarono sospese tra i rami di un enorme faggio, doloranti e stordite, e impigliate tra le corde del paracadute.
Mary, Mary rispondimi!” 
Sì, ci sono... siamo ancora vive?” 
Credo di sì...”
Si guardarono attorno e videro un'enorme distesa di faggi, dall'alto. 
Dobbiamo scendere da qui... ce la fai?”, chiese Sara mentre stava armeggiando per liberarsi dagli intralci. 
Credo di avere un braccio rotto, oltre ad un sacco di botte ovunque...”, rispose Mary piagnucolando.
Accidenti! Aspetta che vengo ad aiutarti...” 
Tu stai bene?” 
Sì, mi sento frullata pure io, ma non ho niente di rotto.”
Mary ne fu sollevata, bastava lei a star male, in una situazione del genere era un miracolo sapersi vive.
In qualche modo riuscirono a scendere dal faggio, a sdraiarsi a terra e a cercare di capire come muoversi e cosa fare.
Non avevano idea di che fine avesse fatto l'aereo, il cielo era sgombro da fumo o da altro e non c'erano altri rumori se non quelli della natura. Era pomeriggio inoltrato, non avevano le forze per muoversi così Sara cercò di sistemare Mary in una posizione comoda e si diede da fare per preparare un giaciglio per la notte.
Non fu una notte serena, non serve dirlo, ma servì almeno per recuperare un po' le forze.
Appena sveglie recuperarono gli snacks che avevano negli zainetti e i succhi di frutta e fecero colazione. 
Forza mettiamoci in marcia, dobbiamo ritornare alla civiltà!”, disse Sara piena d'energia. 
Ok, capo!”, rispose Mary grata all'amica per essere così coraggiosa e forte.
Si misero in cammino e arrivarono dopo circa un'ora sulle sponde di un lago. C'era una barca ormeggiata in un piccolo molo, ma non c'era nessuno lì attorno. Sentirono un motore avvicinarsi e videro una jeep diretta proprio verso di loro. Per un attimo credettero che stesse per travolgerle, ma la jeep frenò a pochi metri e tra la polvere scese un tipo. Le ragazze si strinsero l'una all'altra, non aveva un bell'aspetto quell'uomo, le fissava in modo strano: 
Give me your bags! (Datemi i vostri zaini!)”, ordinò con voce roca. 
Non ci pensiamo nemmeno!”, rispose subito Sara, ma quello anziché fermarsi si avventò su di loro, le spinse a terra e si prese entrambi gli zaini buttandoli sul sedile del passeggero, poi le guardò torvo e risalì in auto e sgommò via.
Le ragazze erano senza parole. 
Ma chi cavolo era quello?”
Neanche finito di formulare la domanda sentirono una sirena e subito dopo videro un'auto della polizia che le stava raggiungendo. Frenò a pochi metri da loro, e loro indietreggiarono. 
Tutto bene ragazze?”, il poliziotto parlava italiano e aveva una faccia preoccupata. 
Sì, ci potete aiutare?”, chiese cautamente Mary.
Certo! Sono molte ore che vi stiamo cercando, mancavate solo voi all'appello...” 
Vuol dire che gli altri passeggeri sono sopravvissuti?” 
Sì, un vero miracolo... ma chi era quel tipo che si è fermato prima qui? Cosa voleva da voi? Una nostra volante lo sta aspettando sulla statale, lo prenderanno sicuramente...” 
Ci ha rubato gli zaini!”, urlò Sara al culmine della rabbia, ora che poteva smettere di preoccupasi per le loro sorti poteva almeno arrabbiarsi! 
Ok, ora vi portiamo in ospedale per controllare che tutto sia a posto...” 
No, non è tutto a posto, il mio braccio si deve essere rotto...”, fece notare Mary. 
Va bene, si prenderanno cura di voi, non vi agitate, è tutto finito.”
Sara e Mary non erano più agitate, erano solo stanche e avevano una gran voglia di tornare a casa. La loro vacanza finiva lì, poco ma sicuro.

Mentre erano in pronto soccorso e un'infermiera stava ingessando il braccio di Mary, l'agente che le aveva soccorse volle parlare con loro:
Conoscete per caso un certo Marco?”
Le due amiche aggrottarono la fronte e risposero insieme: 
Il cretino che c'era in aereo!”
L'agente ridacchiò: 
Bene, quel tipo vi ha messo un pacchetto con della refurtiva preziosa dentro agli zaini e quello che ve li ha rubati è stato spedito da lui per riprendersi il malloppo.” 
Davvero? E come ha fatto?”
Ci fu una lunga discussione attorno ai fatti accaduti che le tenne su di morale, l'avventura incredibile che avevano avuto aveva lati ancora più incredibili di quanto potessero immaginarsi.
Mentre stavano parlottando tra loro sentirono delle voci famigliari... 
Grazie al cielo siete sane e salve!”
I loro genitori, sollevati e commossi, erano volati fino a Edimburgo per ritrovarle attraversando ore di terrore e smarrimento. 
Tutto bene, papy... ho messo a frutto quello che mi hai insegnato tu e ce la siamo cavata!”, disse Sara raggiante. 
La prossima vacanza, però”, aggiunse Mary, “la facciamo in treno!”
E tra le risate generali la mamma di Mary sospirò: 
Tutto è bene ciò che finisce bene”, e diede un bacio sulla fronte alla sua bambina.


venerdì 16 agosto 2013

NON ARRENDERTI MAI! di Federica C.

Mi chiamo Federica, ho dodici anni e mi piace fare lunghe passeggiate. I fatti accaduti nel mio racconto sono realmente accaduti a dei miei conoscenti. Vorrei che il lettore provasse empatia per i fatti che accadono a Jack, Elena e Giovanni.

 
Jack aveva trascorso tutto il pomeriggio sulla casetta sull'albero che aveva costruito assieme ai suoi amici Samuele e Cristian, si erano divertiti molto e avevano fatto un po' tardi.
Si aspettava di sentire i rimproveri di sua madre, ma appena mise piede in casa lei gli disse:
Finalmente sei arrivato! Ho una bella notizia da darti!” 
Doveva essere proprio bella perché Elena, la sua mamma super-sportiva e super-in-forma stava sorridendo felice. 
Mi vuoi comprare la bici nuova?”, disse per prenderla in giro, sapeva bene che finché non portava a casa buoni voti la bicicletta nuova restava solo un sogno. 
No, non ancora”, e gli strizzò l'occhio, “ma se faccio una buona arrampicata e vinco il primo premio allora una possibilità c'è!” 
Davvero?!”, Jack non poteva credere alle sue orecchie. 
Bé, non è semplicissima quella salita e poi ci sono concorrenti fortissimi, ma mi sono impegnata molto in questi mesi e Luca dice che posso farcela.” 
Se lo dice il tuo allenatore allora una speranza c'è...”, scherzò Jack, che pensava che sua madre fosse la donna più spericolata del mondo.
Ogni volta che lo portava con sé agli allenamenti a Jack mancava il respiro, lui soffriva di vertigini e preferiva il traghetto di suo padre alle pareti rocciose che era solita scalare sua mamma. 
Lo dico anche a papà di venire?”, chiese sottovoce Jack, sapeva che non era una buona idea, suo padre era uscito di casa mesi prima dopo una litigata e ormai viveva nella casa sul lago, vicino al suo amato traghetto. 
No, non serve, è una cosa nostra, ho bisogno solo del tuo tifo per vincere”, rispose Elena, cercando di sorridere. 
Forza, mangiamo qualcosa e poi subito a letto che domani è una giornata importante!”
Jack mangiò poco quella sera, già si stava preoccupando per quello che il giorno dopo sua madre avrebbe dovuto affrontare.

Jack stava fissando la parete da oltre mezz'ora, come se ci stesse parlando, voleva convincerla ad aiutare sua madre nell'arrampicata.
Sono pronta, tra poco si va!”, disse Elena comparendogli a fianco, “Tutto bene, tesoro?”
No, decisamente no, pensò Jack, ma non poteva mica dirglielo altrimenti le avrebbe rovinato la concentrazione, quindi rispose: 
Tutto ok, mamma... in bocca al lupo!”, e l'abbracciò. 
Non preoccuparti, andrà tutto bene”, disse lei ricambiando l'abbraccio, “grazie per essere qui”, aggiunse ben sapendo quanto suo figlio si preoccupava per lei. 
Stai attenta”, le raccomandò Jack.
Elena gli strizzò l'occhio e si mise in posizione di partenza.

La scalata era molto impegnativa e molto alta, come aveva previsto sua mamma i suoi antagonisti erano molto in gamba, ma lei se la stava cavando benissimo.
Jack era molto orgoglioso di lei, voleva però che la gara finisse presto così da ricominciare a respirare tranquillamente.
Stava pensando proprio a questo quando vide che sua madre stava perdendo l'aderenza alla roccia con il piede destro. Successe tutto in pochi istanti: il piede scivolò, lei si aggrappò con la mano destra ad un piccolo sperone di roccia, ma anche l'altro piede perse il contatto con la parete e Elena precipitò di qualche metro nonostante le corde a cui era legata.
Jack si sentì svenire, non riusciva a muoversi dalla paura.
I soccorsi furono rapidi a intervenire, Jack salì sull'ambulanza dove la barella con la sua mamma era stata caricata e sfrecciarono con le sirene spiegate fino all'ospedale più vicino.

Quando suo padre arrivò Jack gli si buttò al collo piangendo a dirotto, dovevano averlo avvertito i dottori che lui era lì ed era felice di avere il suo papà accanto mentre ancora Elena era in sala operatoria.
Dopo un paio d'ore il chirurgo andò in sala d'aspetto a parlare con Jack e Giovanni:
La signora è fuori pericolo”, disse con un mezzo sorriso, “ha qualche costola rotta e anche il femore, la commozione cerebrale è stata risolta... tra qualche giorno vedrete che si rimetterà in piedi.”
Giovanni abbracciò sollevato suo figlio, ringraziò il dottore e aspettarono che Elena fosse portata nella stanza a riposare. 
Le ho detto mille volte di smettere con le arrampicate”, disse Giovanni più a se stesso che al figlio. 
Forse adesso smetterà”, rispose Jack, e lo sperava davvero.

Come aveva predetto il dottore, Elena dopo un paio di settimane di ospedale era pronta per ritornare a casa.
Giovanni aveva portato Jack ogni giorno a trovare la sua mamma, e nel frattempo lui e sua moglie avevano ricominciato a parlarsi.
Questo metteva Jack decisamente di buon umore.
Sembrava che fosse ritornata la pace tra di loro, anche se Giovanni non era ancora rientrato a casa.

Passarono i mesi e Elena grazie alla fisioterapia era di nuovo in grado di camminare e poi di correre e poi... di arrampicarsi.
Mamma, non farlo!”, protestò Jack, “Non ti è bastato quello che ti è successo?” 
Jack, è stato un incidente, può succedere a tutti, ma questo non significa che ci si debba arrendere!”, rispose Elena cercando di farlo ragionare, ma lo shock di quel giorno aveva segnato profondamente suo figlio, che non voleva saperne di ascoltarla. 
Tu vuoi solo farmi stare male!”, le urlò infuriato. 
Jack aspetta...”, Elena cercò di fermarlo, ma lui sfrecciò fuori e corse a più non posso al traghetto sul lago, dove sapeva che avrebbe trovato suo padre.

Nonostante il parere contrario di figlio e dell'ex-marito, Elena ricominciò ad allenarsi con impegno e costanza. Migliorò in fretta le sue condizioni fisiche tanto da sentirsi bene come prima dell'incidente.
Tra una settimana ci sarà una gara di arrampicata, penso di parteciparci”, disse Elena una sera a cena. 
Fa' come vuoi”, rispose Jack, “ma questa volta io non ci sarò!”
Elena non cercò di convincerlo, capiva le ragioni del figlio, ma era sicura di quello che stava facendo.

Arrivò il giorno della gara, Elena era da sola davanti alla parete. Era triste perché avrebbe voluto che Jack capisse le sue motivazioni, ma quella prova doveva farla per provarsi che non bastava uno stupido incidente, né una sconfitta, per farla mollare.
La gara iniziò e lei si dimenticò di tutto per concentrarsi sui suoi movimenti e sulla parete rocciosa che doveva scalare.
Giovanni ordinò al figlio di scendere dalla macchina, Jack era stanco di protestare, con suo padre non vinceva mai. Scese e lo seguì strisciando i piedi.

Arrivarono ai piedi della parete quando la gara era quasi terminata, Elena non sarebbe stata la prima ad arrivare in cima, ma la seconda.
Giovanni alzò il viso di Jack per far sì che guardasse la madre che raggiungeva la vetta.
Jack rimase senza parole: sua madre ce l'aveva fatta!
Si misero ad urlare “Evviva!” abbracciandosi, e urlarono così forte che anche Elena da lassù li sentì.
Stanca, ma felicissima agitò la mano per salutarli e loro ricambiarono urlando ancora più forte.
E' una campionessa”, disse Giovanni. 
Sì, la più grande di tutte!”, rispose Jack.

Quando li raggiunse, Elena li abbracciò tutti e due insieme:
Grazie per essere stati qui a fare il tifo per me...”, aveva le lacrime agli occhi, “l'ho fatto per voi, per ringraziarvi di essere stati con me per tutto questo brutto periodo di guarigione.” 
Sei stata bravissima mamma!”, disse Jack commosso. 
Volevo solo farti capire, tesoro, che anche se a volte succede qualcosa di brutto non bisogna mai rinunciare a combattere per le cose che vuoi. Anche se non sempre si può vincere è bello provarci, perché la vita è piena di buone cose che aspettano soltanto di essere colte da noi.” 
La mamma ha ragione”, s'intromise Giovanni, “purtroppo l'ho capito solo ora, ma spero che ci sia per noi ancora un'occasione.”
Jack li guardò felice, ora la sua famiglia era di nuovo unita e più forte di prima.

mercoledì 7 agosto 2013

IL REGNO DELLE STELLE di Asia Ilaria Z.

Mi chiamo Asia, amo molto i racconti di avventura e fantasy, ma anche quelli classici (non troppo!). Sono anche una ragazza scherzosa a cui piace molto stare in compagnia degli amici e ridere insieme a loro, anche se sono un po' permalosa. Con il mio racconto vorrei farvi vivere le diverse emozioni che provo io, sperando vivamente che il mio racconto vi appassioni!




Avete mai visto la nebbia? Chi l'avrà vista sicuramente saprà quanto poco ci si vede e quanti pericoli porta con sé: in terra, in mare, in cielo. Immaginatevi un regno immerso nella nebbia per 365 giorni l'anno, senza mai poter scorgere il cielo, senza poter distinguere un albero da una casa!
Questo luogo si chiamava Regno Senza Stelle, e in questo regno si ergeva, in una grande distesa d'erba, un castello con mura alte e molte torrette che dominavano il villaggio, lì viveva il Principe Corin. Tutt'intorno c'erano piccole case sparse qua e là, in mezzo alla nebbia ovviamente.
Il grande tormento del Principe Corin e dei suoi sudditi era quello di non poter vedere le incantevoli stelle nell'immenso blu della notte, questo a causa della nebbia che impediva addirittura di capire in certi momenti se era giorno oppure notte. Al Regno Senza Stelle mancavano i sogni, quelli che tutti fanno quando alzano lo sguardo al cielo, specialmente in una notte stellata. La malinconia era l'unico sentimento che conoscevano e la nebbia li copriva come una coltre soffocante.
Oltre il Regno Senza Stelle, invece, c'erano distese di boschi, con laghetti e paludi e zone oscure, e mano a mano che si saliva il pendio della montagna si veniva abbagliati dall'imponenza del Castello Perlaceo, dove viveva Re Fergus del Regno delle Stelle.
Era davvero un luogo incantato, la posizione privilegiata sull'altura della Montagna di Stelle aveva permesso loro di approfondire gli studi del cielo e il Regno poteva vantare tra i propri sudditi i più grandi astronomi viventi. Grazie al loro Telescopio delle Stelle, una potentissima e sofisticata macchina frutto di un ingegnoso progetto d'ingegneria stellare, potevano studiare i misteri dell'Universo senza neppure muoversi dal castello. Un prodigio!
Il Principe Corin e Re Fergus non andavano molto d'accordo, in realtà il Principe Corin aveva provato a chiedere udienza a Re Fergus, ma questi lo aveva sempre ignorato. Il Principe Corin avrebbe voluto chiedere agli astronomi di corte un Telescopio delle Stelle da donare ai suoi sudditi che mai ne avevano vista neppure una, ma Re Fergus era geloso del suo tesoro e non ne voleva sapere di condividere il sapere del suo regno con nessuno.

Gli abitanti del Regno Senza Stelle desideravano immensamente quel magico e glorioso oggetto che avrebbe donato loro quelle piccole fiamme che punteggiano timidamente il cielo, e il Principe Corin era deciso a realizzare il sogno del popolo , che era anche il suo sogno.
Il piano di Principe Corin era semplice, voleva evitare conflitti e guerriglie, quindi aveva progettato un furto.
Sarebbe partito con una scorta di sette uomini a cavallo, sarebbe entrato furtivamente nel Castello Perlaceo, approfittando dei sonnellini delle guardie di corte durante il turno di notte, con due dei suoi uomini, avrebbe raggiunto l'osservatorio astronomico dove il Telescopio delle Stelle veniva custodito e se ne sarebbe appropriato fuggendo a gambe levate prima che chiunque al castello se ne accorgesse. Semplice, vero?
In realtà, non fu così semplice: per raggiungere la Montagna delle Stelle il Principe Corin e la sua scorta dovettero affrontare le paludi malsane e le zone infestate dai rettili che c'erano in mezzo, rischiando la vita più volte. Dopo giorni e giorni di pericoli scampati, giunsero di fronte alle alte mura pietrose che proteggevano il Palazzo Perlaceo. Le maestose Torri erano piene di sentinelle pronte a dare l'allarme per qualsiasi piccolo movimento sospetto, il Principe Corin lanciò uno sguardo d'intesa a due dei suoi:
Uomini, è ora d'agire!”
Scelsero il punto meno esposto e come dei gatti, Corin e altri due, iniziarono la scalata delle mura. Riuscirono a introdursi nell'ampio cortile del Castello, fino ad arrivare ad una delle finestre del piano terra che riuscirono a forzare.
Davanti a loro si aprì un lunghissimo corridoio, alle pareti c'erano decine e decine di ritratti d'epoca a testimonianza della gloriosa storia della casata reale dei Fergus. Come delle ombre, Corin e i suoi, si muovevano senza far rumore, di piano in piano, fino a raggiungere la cupola dell'osservatorio.
Prima di entrare Corin prese un profondo respiro, tensione ed emozione mescolate insieme non dovevano togliergli la lucidità dell'azione o sarebbe stata la fine per tutti.
La stanza circolare era buia, vuota, se non fosse stato per il cielo rischiarato dalla luce della Luna non si sarebbe potuto notare il piedistallo al centro dove era sistemato lo splendido Telescopio delle Stelle. Era di un colore blu intenso come la notte con delle bordature d'oro puro. Rimasero alcuni secondi ad ammirarlo e poi passarono alla seconda parte del piano. Lo smontarono in tre pezzi e lo sistemarono nei tre sacchi, facendo attenzione a non danneggiarlo.
Uscirono dall'osservatorio, la porta emise un cigolio inquietante, e ripresero la strada dell'uscita. Il silenzio del luogo era rotto di tanto in tanto dal russare regale di Re Fergus, cosa che li rassicurò.
Riuscirono a raggiungere la finestra da cui erano entrati e si sentivano già al sicuro, però... le cose vanno sempre come meno ce l'aspettiamo, infatti in pochi istanti il piano perfetto andò in fumo!
Una guardia un po' troppo scrupolosa, durante il suo giro d'ispezione decise di spingersi fino a quella finestra in fondo al grande corridoio e vide tre figure che stavano sgattaiolando fuori con tre grossi sacchi sulle spalle. Il soldato li guardò esterrefatto, ma si riprese subito per dare l'allarme e svegliare tutto il castello.
"Intrusi al Castello! Ladri, ala Est, piano terra!"
Corin e la sua scorta misero le ali ai piedi, raggiunsero i loro cavalli e galopparono a più non posso verso il Regno Senza Stelle, seminando i tremendi arcieri di Re Fergus che scagliavano le loro taglienti frecce per colpirli senza pietà.
La fuga attraverso le paludi e i boschi fu ancora più dura di quel che si sarebbero aspettati, arrivarono al Palazzo Reale malridotti ed esausti, soldati e cavalli.
Il Principe Corin non perse tempo, ordinò che il vecchio Tolomeo fosse chiamato subito, anche se era notte fonda, doveva assolutamente iniziare lo studio del Telescopio, non c'era tempo da perdere.
Il vecchio Tolomeo era lo studioso più rispettato del Regno, un'eminenza in campo scientifico, viveva come un eremita immerso nello studio dei testi antichi giorno e notte. Si stupì di questa convocazione, tanto che sbarrò gli occhi e ammutolì quando scoprì il motivo di tanta fretta.
Il Principe Corin ordinò che il Telescopio fosse rimontato sotto gli occhi del vecchio Tolomeo, che ad occhi sbarrati vedendo il genio di una macchina così magnifica iniziò a tremare per l'emozione:
Vedi, vecchio Tolomeo, questo è il Telescopio delle Stelle, come tu stesso hai già capito, sottratto al Regno delle Stelle con grande rischio, superando ostacoli difficili da descrivere... Finalmente ora potrai studiarlo da vicino, riportare i tuoi studi al progetto originale e da lì costruirne uno soltanto per noi!” 
Sì, mio Sovrano, per fare questo abbiamo bisogno di spostarci nel luogo che tu sai. Tutto è pronto.”
Il Telescopio delle Stelle venne trasportato immediatamente sulla sommità di una grandissima piramide a gradoni costruita proprio al centro del villaggio. Issarono l'oggetto prezioso al settimo gradone, con grandi sforzi visto la delicatezza dell'operazione, dove c'era una piattaforma quadrata e fissarono il Telescopio al suo supporto. Lo posizionarono perfettamente al centro, e con bramosia il vecchio Tolomeo avvicinò i suoi occhi malandati alla potentissima lente per immergersi in uno spettacolo che gli tolse il respiro.
Nel blu della notte si resero evidenti milioni di puntini luminosi: 
Ecco l'Orsa Maggiore! E quella è Cassiopea!”
Il suo cuore si colmò di gioia e poi lasciò finalmente il posto al Principe Corin che riuscì solamente a dire: 
Sono stupende!”
Si prese qualche minuto per contemplare la volta celeste, poi si ridestò e ordinò con voce tranquilla: 
Su, vecchio Tolomeo, al lavoro! Dovrai costruirne uno identico! Lo affido a te e quando tutto sarà pronto, riporteremo l'originale ai legittimi proprietari...”
Il vecchio Tolomeo, fece un inchino al suo Principe, e si mise subito al lavoro.

Nel Regno delle Stelle, intanto, la tensione era evidente. Re Fergus aveva decretato lo stato d'allarme e ora cercava impavidi cavalieri che partissero in missione per recuperare quanto impunemente tolto.
Aveva radunato i cavalieri più forti e coraggiosi del regno:
Cavalieri, chi tra di voi si offre per la pericolosa missione in nome del Re?”
Nessuno rispose. Qualcuno bisbigliava, ma nessuno si offrì. 
Io!”
Dal fondo della stanza una voce femminile si fece sentire, forte e chiara. Una figura esile, avvolta da una mantella nera, si fece strada e si presentò davanti a Re Fergus:
Chi sei, nobile cavaliere?”
La donna scostò il mantello per scoprire la sua identità: 
Zelda! Figlia mia! Non vorrai certo andare tu!” 
Sì, padre, recupererò io, in nome tuo, il nostro prezioso Telescopio!” 
Tesoro, è pericoloso, non posso lasciarti partire!” 
Padre, sono io l'unica che può farlo, sono la migliore con l'arco tra tutti i tuoi soldati, e il coraggio non mi manca di certo!”
Re Fergus fu obbligato ad ammettere con sé stesso le notevoli capacità d'arciere della figlia, e la sua indole coraggiosa era nota a tutti nel regno: 
Va bene, Zelda, figlia mia... acconsento alla tua missione. Che il cielo ti benedica!”
La Principessa Zelda si occupò personalmente di tutti i preparativi per la partenza e all'ora stabilita lasciò il Castello Perlaceo.
Era particolarmente fredda quella notte, il vento forte ostacolava la sua cavalcata, come se cercasse di tenerla lontana dal palazzo del Principe Corin, ma ci voleva ben altro per farle cambiare idea!
Corse più veloce del vento, superando le paludi e i boschi come se nulla fosse, fermandosi soltanto un paio di volte per riposarsi e mangiare qualcosa. Due notti dopo la sua partenza era giunta a destinazione: scese da cavallo, lo legò ad un albero in un boschetto vicino al palazzo, ma al riparo dagli sguardi nemici.
Si arrampicò senza fatica sulle mura del palazzo, era molto agile e vigile, riuscendo a penetrare con un balzo dal davanzale in una delle stanze del palazzo.
Le guardie erano piuttosto attive, un viavai continuo, si mosse silenziosa e cauta, finché....
Ah!!!” 
Quando riprese i sensi si ritrovò in un luogo tetro, umido e lercio, non c'era neppure uno spiraglio di luce ed era sola.
Non c'era nessuno da poter chiamare, era lontano da casa, in terra nemica e quella era la prigione del palazzo reale, evidentemente. 
Hey, c'è nessuno? Liberatemi! Mascalzoni, brutti stupidi incapaci! Non avete il minimo rispetto per una Principessa del mio rango!” 
Sssssssht!!” 
Chi è là?”
Dall'oscurità spiccarono due occhi verdi splendenti che fissavano Zelda in un modo gentile, ammirato. 
Ah! Sei tu, Principe Corin!”
Zelda era indignata e non lo nascondeva di certo. 
Devi essere una ragazza molto testarda, Principessa Zelda, per aver convinto Re Fergus a lasciarti partire in missione e per di più da sola!”
Corin sospirò, si sedette accanto a lei e continuò: 
Sei stata molto brava e coraggiosa, sei riuscita a intrufolarti nel mio palazzo e non è da tutti...”
Corin la guardava con rispetto. 
Ridammi immediatamente il mio Telescopio e lasciami andare, Principe dei miei stivali che non sei altro!”
Zelda era furiosa, ma come si permetteva di trattarla così, quel ladro farabutto? 
Devi sapere Zelda che noi vi abbiamo soltanto preso in prestito il Telescopio, non era nostra intenzione rubarlo, vogliamo farcene uno nostro per poter osservare le stelle, tutto qui. Ve l'avremmo indubbiamente riconsegnato anche se tu non fossi venuta fino a qui”, chiarì Corin. 
Non è vero! Siete solamente dei ladri indegni, senza alcuno scrupolo!”, gridò la Principessa rincarando la dose degli insulti.
Il Principe Corin, però, le fece notare che erano anni che chiedeva udienza al Re Fergus senza che lui lo degnasse neppure di una risposta, e che l'unico suo desiderio era quello di donare al suo Regno Senza Stelle, immerso perennemente nella nebbia, la possibilità di conoscere le stelle grazie al portentoso Telescopio delle Stelle.
Zelda si calmò, si mise a riflettere e constatò che Corin stava dicendo la verità, quel cocciuto di suo padre poteva essere esasperante quando ci si metteva! 
Facciamo un patto, Principessa Zelda?”, chiese Corin con voce dolce. 
Cosa intendi per patto?”, chiese a sua volta Zelda alquanto sospettosa. 
Semplice: tu ci lasci il Telescopio ancora per cinque giorni, così il vecchio Tolomeo potrà costruirne uno uguale, io ti libero ora e ti riconsegnerò il Telescopio al Castello... di persona. Che ne dici?”
Zelda non ci pensò su troppo: 
Sì, può funzionare!”
Corin la liberò subito e Zelda poté ritornare nel suo regno con a fianco una piccola scorta di soldati del Regno Senza Stelle, affinché il Principe Corin fosse sicuro che la Principessa non corresse ulteriori rischi.

I giorni passarono e il vecchio Tolomeo, indaffarato e concentrato, si apprestava a compiere la sua ambiziosa opera.
Il Principe Corin lo raggiunse nel suo laboratorio astronomico:
Vecchio Tolomeo, avrai per sempre la mia riconoscenza e quella di tutti gli abitanti del regno!”
Lui non seppe cosa dire, ma si vedeva che era commosso. Il suo sogno di osservare le stelle si era realizzato e niente lo avrebbe reso più felice.
Il Principe Corin e la sua scorta ripercorsero i sentieri paludosi e attraversarono i boschi per raggiungere ancora una volta il Castello Perlaceo, e con sé avevano il Telescopio delle Stelle.
Arrivarono davanti alle mura della città, avanzando lentamente. Gli arcieri del regno erano pronti a scagliare i loro dardi, ma quando capirono la situazione e videro il Telescopio delle Stelle si fermarono.
La delegazione procedette cautamente entrando in città, davanti a loro c'era un'immensa spianata e nel mezzo di questa Re Fergus con al suo fianco la figlia Zelda che li attendevano impazienti.
Il cielo era rosso fuoco, come se da un momento all'altro potesse esplodere.
Il Principe Corin scese da cavallo, con un gesto ordinò ai suoi uomini di trasportare il carico fin davanti al sovrano, mentre lui avanzava lentamente.
Quando fu loro dinnanzi disse:
Re Fergus, ti porgo le mie scuse per i miei modi poco ortodossi, ma ora sono pronto a pagare per il mio gesto azzardato e ti consegno come promesso il tuo Telescopio delle Stelle.”
Re Fergus fu molto colpito dal tono di Corin, l'umiltà espressa nelle sue parole ammorbidirono la sua indignazione per il torto subito.
Detto questo Corin si rivolse a sua figlia: 
Principessa Zelda, so che siamo sempre stati rivali e che per le nostre colpe reciproche abbiamo entrambi sofferto, ma sono qui oggi anche per farti una richiesta importante... Zelda, mi vuoi sposare?”
Gli occhi della Principessa si illuminarono di gioia, rifletté un attimo e con il cuore gonfio di amore rispose semplicemente: 
Sì, lo voglio!”
Una lacrima di sollievo cadde dagli occhi di Corin e Zelda, si abbracciarono e si scambiarono un bacio così dolce e tenero che Re Fergus non poté che addolcirsi e arrendersi all'evidenza: 
Bene! Le nozze si compiranno tra due giorni!”

E così fu. Tutto il Regno delle Stelle si mise al lavoro per organizzare il più bel matrimonio di tutti i tempi.
Il Regno Senza Stelle e il Regno delle Stelle si unirono sotto un unico cielo e sotto le stesse Stelle.
La malinconia che aveva sempre dimorato nel regno del Principe Corin lasciò il posto alla gioia e, come per magia, la nebbia si diradò piano piano, fino a scomparire del tutto!